Billy Bremner: Braveheart of Leeds United
Luglio 1974: dopo aver vinto il suo secondo titolo con il Leeds United, Don Revie accetta l’incarico di risollevare le sorti della nazionale inglese rimasta clamorosamente a casa dai mondiali in Germania. Revie lascia lo Yorkshire dopo tredici anni durante i quali ha messo nella bacheca di Elland Road due campionati, nel 1969 e nel 1974, la FA Cup nel 1972 e la League Cup nel 1968. La squadra è forte, solida, composta da grandi giocatori come gli inglesi Mick Jones, Paul Reaney, Paul Madeley, Allan Clarke, Johnny Giles, il gallese Terry Yorath, gli scozzesi David Harvey, Peter Lorimer, Joe Jordan, Eddie Gray, e Gordon McQuinn. Tuttavia l’anima è un altro Scotsman, il capitano Billy Bremner, un infaticabile motorino dai capelli rossicci, il leader del gruppo. Basso e tarchiato, in campo è un gigante, un combattente abile a destreggiarsi sia con il fioretto che con la spada, un braveheart che lotta su ogni pallone e dà tutto per la maglia senza mai risparmiarsi. Nativo di Sterling, città situata a 50 km a nordovest di Edinburgo, crocevia tra il sud e le impervie brughiere del nord, potrebbe vestire la maglia del Celtic Glasgow, ma il padre James è contrario a vedere il figlio coinvolto nelle annose dispute religiose con i rivali Rangers. Il giovane Billy scende allora a Londra per i provini con Arsenal e Tottenham, ma entrambi hanno esito negativo.
Troppo minuto fisicamente, gli dicono. Così nel 1959 accetta la chiamata del Leeds United. Dopo un paio di stagioni così così, il giovane Brenner vorrebbe accettare la proposta dell’Hibernian e tornarsene dalla fidanzata in Scozia, sennonché il nuovo manager Don Revie, che crede ciecamente nel ragazzo, rifiuta l’offerta di £25.000 e lo conferma. Non si lasceranno più. Revie ingaggia dal Manchester United la mezzala Johnny Giles e affida a Billy le chiavi del centrocampo: la coppia farà le fortune del Leeds per i successivi dodici anni, periodo in cui i Whites domineranno la scena del calcio inglese. La squadra si distingue per il gioco maschio, spesso sopra le righe, che gli varrà l’epiteto di Dirty United. Quando gli animi in campo si surriscaldano, Billy Bremner non si tira mai indietro, anzi è il primo a dar fuoco alle polveri. Clamorosa e la zuffa con l’astro del Liverpool Kevin Keegan nella Charity Shields del 1974: dopo essersi a lungo beccati, i due vengono alle mani e vengono cacciati dall’arbitro rimediando una squalifica di undici giornate.
Quel pomeriggio a Wembley sulla panchina del Leeds siede il quarantenne Brian Clough, tecnico emergente capace di portare il Derby County dalla seconda divisione fino al titolo inglese nel 1972. Mai accettato dal gruppo, che lui stesso del resto detesta, Clough viene esonerato dopo quarantaquattro giorni di liti, incomprensioni, e risultati deludenti. Brenner, come il resto del gruppo è legatissimo a Revie, non ama Clough, ma la maglia bianca viene prima di ogni altra cosa. Uomo ruvido ma leale, Bremner rifiuterà sempre con sdegno l’accusa di essere l’ispiratore della congiura ai danni del nuovo allenatore. Il compito di rimettere le cose a posto viene affidato a Jimmy Armfield, manager del Bolton. Vincente in patria, il Leeds aspira alla consacrazione in Europa: l’obiettivo è ovviamente la Coppa dei Campioni. Bremner trascina i compagni nei quarti contro l’Anderlecht e in semifinale contro l’ambizioso Barcellona olandese di Cruijff, Neeskens, e Rinus Michels in panchina. Suo è il gol che apre le porte del successo per 2-1 nel match di andata contro i catalani a Elland Road. Il ritorno nella bolgia del Camp Nou è una battaglia, dove Brenmer giganteggia. Rimasti in dieci, gli uomini di Armfield resistono fino alla fine: sette anni dopo il Manchester United, il Leeds è la seconda squadra inglese della storia a raggiungere la finale di Coppa dei Campioni.
Il 28 maggio 1975 al Parco dei Principi di Parigi si gioca la finale con il Bayern Monaco: per Billy e compagni è la notte che vale una carriera. Beckenbauer e soci sono i detentori del trofeo. Il sogno svanisce nel peggiore dei modi: grossolani errori arbitrali e due morsi letali dei tedeschi nel finale stendono i Whites. Sulle gradinate i tifosi inglesi in preda alla rabbia e all’alcool si lasciano andare a ogni atto di vandalismo. Il club verrà punito dall’Uefa con una squalifica dalle competizioni internazionali di quattro anni, poi ridotta a due. Billy Bremner la ricorderà come“la peggior notte della mia vita”. Lasciato il Leeds l’anno successivo, chiude la carriera di calciatore dopo due stagioni con la maglia del Hull City. Ritorna a Elland Road da allenatore nel 1985: vi rimane per tre stagioni non particolarmente fortunate.
A dicembre del 1997 a pochi giorni dal suo cinquantacinquesimo compleanno, viene ricoverato in ospedale per una forte polmonite: tornato a casa, muore in seguito a un attacco cardiaco. Nel 2000, Bremner è stato votato come il miglior calciatore di tutti i tempi della storia del Leeds. Un statua in suo onore è stata posta nel 1999 all’ingresso di Elland Road. Pochi giorni dopo la sua scomparsa, il Leeds è impegnato in campionato a Stamford Bridge contro il Chelsea: rimasti in nove i bianchi giocano una partita d’altri tempi, e resistono sullo 0-0. Dalla curva ospite si alza un coro:”Nine men and Billy….we’ve got nine men and Billy!”