Il calciopardo
Da qualunque angolazione lo guardiate questo è un calcio sempre più triste e miserabile. Tanto pressing, tanta fisicità, tanto tatticismo. Peccato che manchi la cosa più importante: la fantasia. Peccato – soprattutto – che manchino etica e buonsenso. Guardateli i dirigenti: sono sempre gli stessi. Secondo le regole gattopardiane del trasformismo. Tutto deve cambiare perchè nulla cambi. Guardateli i calciatori: finti come certi programmi televisivi. Guardateli i giornalisti: non fanno una domanda scomoda dal 1977. Le conferenze stampa sono diventate più noiose di Porta a Porta. I giocatori usano tutti l’intercalare tottiano “Normale che”. Forse perchè di normale, nel calcio, non c’è più niente. Il copione è sempre lo stesso: “Credo nel progetto. Vogliamo vincere tutto. Possiamo fare bene. Andiamo a Udine per i tre punti. Comunque l’importante è non perdere”. Frasi che, nella migliore delle ipotesi, fanno rimpiangere lo sciopero dei giornalisti. Nella peggiore, lo sciopero dell’umanità. Sentiteli i telecronisti: fanno finta di entusiasmarsi per un gol del Frosinone. Urlano anche quando la palla staziona a centrocampo. Intanto la seconda voce, quasi sempre un calciatore, ci dice cose talmente originali che, al confronto, DJ Francesco sembra un genio del pensiero. Da qualunque angolazione lo guardiate questo è un calcio gonfiato e siliconato. I calciatori sono dipendenti delle società, certo. Ma voi avete mai visto un dipendente dissanguare col suo stipendio spropositato una qualsiasi azienda? Possibile che a nessuno sia venuto in mente di proporre il salary cap? Ovviamente a livello mondiale. Possibile che a nessuno sia venuto in mente di stabilire un tetto anche per i cartellini dei calciatori? Perchè, se non si pone un freno alle spese, prima o poi sarà bancarotta. Perchè non si può continuare ad abusare della pazienza di chi ha amato follemente questo sport. E che oggi, sempre più disgustato dall’andazzo, medita di abbandonarlo. Meglio vivere di ricordi che assistere allo sfacelo.