#IO STO CON ALEX

Bella sorpresa all’interno del Corrierone. Il pezzo di Susanna Tamaro in accorata difesa di Alex Schwazer qualche effetto almeno pare lo abbia prodotto: ha smosso le coscienze su una vicenda, più umana che sportiva, dai torbidi contorni. L’hashtag #IostoconAlex sta raccogliendo in queste ore sempre più convinte prese di posizione.

Non avendone titolo e soprattutto competenza, non mi permetto di addentrarmi nel merito scientifico della questione. Mi limito all’aspetto umano, che in fondo è quello che colpisce di più. Quattro anni fa Alex Schwazer fu colto con le mani nella marmellata. Nella disperazione e nella vergogna ammise tra le lacrime le sue colpe in una conferenza stampa dai toni drammatici. Pagò un caro prezzo ed espiò la sua pena. Perse pure l’onore della divisa di Carabiniere. Non l’ho però mai considerato un genio del male, come è stato ad esempio Lance Armstrong. Semmai, sono sempre rimasto convinto della sua ingenuità e soprattuttto della sua debolezza. Alex Schwazer non è un mostro, ma un uomo fragile.

Schiavo di un’asticella della competizione posta sempre più in alto, ha ceduto all’ansia di prestazione. Succede in tutti gli ambiti: nel lavoro e persino sotto le lenzuola, figuriamoci. Viviamo in un mondo ipercompetitivo dove la sconfitta non è più ammessa. Emergere e dimostrare di essere i migliori è un obbligo. Il doping è il frutto naturale di questa sottocultura alimentata dalla società stessa. La storia di Alex ne è solo uno dei tanti esempi. Nelle nostre città, i campioni prelevati indicano come le acque dei fiumi siano inondate di sostanze come la cocaina. Si cresce e si vive con la fissa di essere percepiti come numeri uno. Diceva Enzo Ferrari: “Il secondo è il primo dei perdenti”.Buon profeta il Drake. Così va il mondo. Torniamo a Schwazer. Scontata la squalifica, ha deciso di riproporsi in una nuova veste e di marciare su un percorso opposto rispetto al passato.

Si è affidato a un uomo come Sandro Donati, un paladino dell’antidpoing, un personaggio scomodo, tranchant, che non ha mai esitatato a denunciare nefandezze, omertà, e ambigue connivenze nel mondo dell’atletica. Nel fare nomi e cognomi si è anche fatto molti nemici. Tanti sono quelli che nel Palazzo gliel’avevano giurata e non vedevano l’ora di fargliela pagare. Alex ha deciso di rivolgersi proprio a lui, nel sogno d’intraprendere un nuovo inizio che culminasse nel ritorno da Rio con una medaglia d’oro al collo pulita, a dimostrazione che si può vincere anche senza l’imbroglio chimico.

A pensarci bene, sarebbe stato davvero un bel messaggio. Alex Schwazer poteva farcela, perchè è un campione, il più bravo marciatore al mondo. Ha trascorso quattro anni di vita monacale all’insegna del duro lavoro e del sacrificio. Ha lottato e sofferto come un cane, allenandosi incessantemente nel gelo, e sotto la neve. Quando finalmente è tornato a gareggiare, ha vinto a Roma la 50km dei mondiali a squadre, successo che gli è valso il biglietto per il Brasile. Non tutti hanno gioito di quella vittoria, anzi. Il nostro atleta più accreditato per una medaglia olimpica, il saltatore in alto Gianmarco Tamberi, è uscito allo scoperto e ha detto a chiare lettere di non volere Schwazer in azzurro a Rio.

Mi spiace molto per l’infortunio che lo terrà a casa, ma in quell’occasione il suo gratuito balzo nel vuoto ha fatto registrare un clamoroso nullo. Occasione sprecata, la sua. Se non si conoscono le cose, tacere è sinonimo di saggezza. La vicenda della squalifica a Schwazer ha più ombre che luci. Ha tutti gli ingredienti di una losca trama. Nel colpire lui si è gettato fango anche a discredito di una figura come Sandro Donati. Ho l’impressione che questo fosse il vero obiettivo. Alex chiede ora la prova del DNA per dimostrare che quella provetta maledetta non è sua, o , se lo è, è stata oggetto di diabolica manomissione. Un vecchio detto italiano, recita che in un paese avvelenato come il nostro a pensar male spesso ci s’azzecca.Magari tra un po’ di mesi i fatti gli daranno ragione, e Alex verrà scagionato. Sarà sempre troppo tardi. Lui a Rio non ci andrà. Ormai lo ha capito. La sua suona come la tipica storia di un sogno spezzato. Tanto mi basta per stare dalla sua parte e sentirmi in bisogno di dire #Io sto con Alex.

SHARE
precedenteDOMENICA 31 LUGLIO: amichevole a Storo contro i gialloblu greci del Panetolikos
successivoCAMPAGNA ABBONAMENTI 2016-2017
Giornalista pubblicista con una particolare attenzione alle vicende dell’Hellas Verona, squadra che segue da bambino, dopo aver collaborato con la redazione sportiva del giornale L’Arena di Verona , è passato al Corriere di Verona. A Marzo 2015 ha pubblicato il suo primo libro, THOENI vs STENMARK. L’ULTIMA PORTA (Edizioni Mare Verticale), dedicato al leggendario slalom parallelo della Valgardena che assegnò la coppa del mondo di sci del 1975. Alla fine dello stesso anno è tornato in libreria con IL CAMERIERE DI WEMBLEY (Edizioni In Contropiede) il romanzo della prima indimenticabile vittoria della nazionale italiana nel tempio del calcio inglese nel 1973.

NO COMMENTS