Mamma che botta. Il Lunedì nero è trascorso a base di massaggi di Lasonil che si spera possa riassorbire l’ematoma in fretta. Cerchiamo di vederla dal lato buono; ogni tanto uno scapaccione può avere effetti benefeci. Lo scopriremo venerdì dopo i novanta minuti di Cittadella. Speriamo la scoppola subita ieri sia solo un incidente di percorso, la classica giornata balorda che sempre sta in agguato, specie in un campionato lungo e stressante come la Serie B. Almeno una cosa è chiara: chi pensava che il campionato del Verona potesse trasformarsi in una sfilata di Cesari sui cavalli bianchi al ritorno dalla campagna di Gallia lungo i Fori Imperiali, dovrà ricredersi e scendere a toni decisamente più modesti. Dopo il roboante successo di La Spezia abbiamo sentito gente dire: “Siamo troppo forti. Non c’è partita. Non mi diverto più”. Ieri abbiamo pensato che a questi qui la doccia gelida abbia fatto bene. Non crediamo infatti la stessa battuta sia stata riproposta stamattina al bar, sempre che coloro che l’hanno pronunciata ci siano andati al bar oggi…

Al di là della sconfitta e delle proporzioni, dispiace aver visto la squadra andare letteralmente alla deriva: un naugragio che nemmeno le cassandre più malauguranti potevano prevedere.  Abbiamo avuto l’impressione di un Verona che colpito dai fendenti del Novara, abbia finito per smarrirsi e perdere la testa. Sono letteralmete saltate le valvole della corrente e, nonostante un buon elettricista come Pecchia le abbia provate tutte a rimetterle in sesto, la luce è rimasta spenta.  La squadra ha perso lucidità e raziocinio: si è abbandonata ad un atteggiamento scriteriato, senza un filo logico, che ha finito per prestare il fianco al sano e  ammirevole cinismo provinciale dei soldatini di Boscaglia. Se il Verona vuole legittimamente essere ambizioso protagonista di questa stagione, tanto delicata per il futuro del club, certi errori, pardòn orrori, non li deve ripetere. Calma e gesso, dicevano i nonni. Valeva  anche ieri, quando invece abbiamo letteralmente perso la trebisonda in preda all’ansia di chissà che cosa.

Molto onestamente nel dopo gara il mister non ha cercato scusanti nelle clamorose sviste dei guardalinee (altri al suo posto chissà cosa avrebbero detto), ma ha riconosciuto: “Abbiamo fatto tutto male”. Alla ripresa siamo certi che catechizzerà i suoi ragazzi, perchè la batosta fa ancora male. Venerdi il calendario propone l’occasione del riscatto sul campo della squadra che più ha stupito in questo primo scorcio di stagione. Rimbocchiamoci le maniche e sotto la camicia mettiamo la vecchia canotta da muratori (del resto lo disse lo stesso Pecchia in tempi non sospetti al suo arrivo a Verona); la B non è un party da salotto che offre bollicine accompagnate da tartine, sushi, e vol au vent cui ci si presenta in cravattina, giacchettina e pantalone a tubino. La Serie B impone fiaschi di clinto accompagnati da pane, soppressa, e canotta. Tanta canotta…Se qualcuno se ne fosse scordato, val la pena di ricordarlo.

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Giornalista pubblicista con una particolare attenzione alle vicende dell’Hellas Verona, squadra che segue da bambino, dopo aver collaborato con la redazione sportiva del giornale L’Arena di Verona , è passato al Corriere di Verona. A Marzo 2015 ha pubblicato il suo primo libro, THOENI vs STENMARK. L’ULTIMA PORTA (Edizioni Mare Verticale), dedicato al leggendario slalom parallelo della Valgardena che assegnò la coppa del mondo di sci del 1975. Alla fine dello stesso anno è tornato in libreria con IL CAMERIERE DI WEMBLEY (Edizioni In Contropiede) il romanzo della prima indimenticabile vittoria della nazionale italiana nel tempio del calcio inglese nel 1973.

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