L’unico precedente al Bentegodi tra Verona e Benevento risale alla calda notte del 22 agosto del 1984 quando le due squadre si affrontarono nella fase a gironi della Coppa Italia. C’era parecchia curiosità per quella partita, in quanto rappresentava la prima uscita ufficiale davanti al proprio pubblico dell’Hellas, fresco degli arrivi dei due nuovi stranieri Hans-Peter Briegel e Preben Larsen Elkjaer. La coppia era sbarcata in riva all’Adige grazie a un blitz di mercato magistralmente condotto da Ciccio Mascetti e il ragionier Rangogni durante gli Europei di giugno in terra di Francia. Il Panzer tedesco lo conoscevamo in quanto colonna della nazionale tedesca; meno sapevamo del danese prelevato dai belgi del Lokeren, prode guerriero e attore protagonista di uno straripante campionato d’Europa.
Privo di Tricella, Fanna, e Galderisi, il buon Osvaldo Bagnoli mescolò le carte inserendo Fabio Marangon e Turchetta, e piazzando Silvano Fontolan nell’inedito ruolo di libero davanti a Garella. Nemmeno un quarto d’ora e la pratica era già chiusa. Dopo appena sette minuti da un angolo spizzato di testa da Di Gennaro, Elkjaer si fece trovare pronto con il primo gol in maglia gialloblù. Due minuti più tardi, Di Gennaro trasformò un rigore concesso per atterramento del danese, il quale al 13’ scaraventò in rete su torre di Volpati la palla del 3-0. Tuttavia il bello doveva ancora venire: al 35’ ricevuta la sfera al vertice sinistro dell’area campana, la furia vichinga calibrò di destro una deliziosa palombella a giro che andò ad insaccarsi nel sette alla sinistra dell’esterrefatto Abate. Tripletta e tutti in piedi ad applaudire. Il Bentegodi aveva il suo nuovo re. Il Benevento accorciò le distanze un minuto più tardi con Lunerti e nel secondo tempo con Orati per il definitivo 4-2. Poco importava. In quella notte d’estate il Verona di Bagnoli emanò i primi vagiti di una stagione straordinaria, divenuta leggenda. La gente lasciò lo stadio contenta di aver ammirato una squadra che danzava sul campo a memoria e regalava spettacolo attraverso le geometrie euclidee di un gioco veloce e lineare. Nessuno avrebbe tuttavia potuto ancora solo immaginare il miracolo che di lì a poco quei ragazzi sarebbero stati capaci di realizzare.